donne del sud che si raccontano

Con un certo ritardo, di seguito il mio intervento al convegno I sud, le mafie: le donne si raccontano, che si è tenuto presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma il 5-6-7 aprile scorso.

QUI la rassegna stampa. Un ringraziamento per l’accoglienza va alle organizzatrici, in particolare a Gisella Modica, per la grande generosità con la quale si è spesa e per il suo contributo introduttivo che ho apprezzato. Gli interventi delle relatrici hanno dato molti spunti di riflessione e hanno dato inizio ad un dibattito più ampio, che dovrebbe proseguire pubblicamente a breve. Ringrazio Alessandra Pigliaru per avermi messa in contatto con Gisella. Durante il convegno ho avuto il privilegio di ascoltare e conoscere donne eccezionali che mi hanno particolarmente colpita, come Emma BaeriAlessandra Clemente ,  la qual cosa non capita tutti i giorni…

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di Doriana Righini

L’idea della collana editoriale Genealogie di sabbiarossa (e in particolare del suo primo titolo  – contro versa ), non sarebbe potuta nascere se non ci fosse stato l’incontro tra donne, esperienze e pratiche politiche diverse, ma per alcuni versi anche molto vicine tra di loro. Mi riferisco:

        alla testata giornalistica online scirocconews, al suo modo di fare informazione, e quindi a sabbiarossa ed al suo modo di fare editoria;

        alla relazione e alla pratica politica di un gruppo di donne (DCR) che in Calabria ha creato un certo scompiglio negli ultimi due anni (sia a proposito della mancata applicazione di una legge regionale riguardante il finanziamento ai centri antiviolenza; sia per la richiesta fatta, a viva voce e in presenza, di dimissioni del consiglio regionale e del governatore della Calabria, per gravi fatti di dubbia trasparenza );

        alle relazioni politiche e personali con femministe che vivono in diverse parti d’Italia

Da un punto di vista strettamente personale tutte queste esperienze sono di poco successive al mio rientro in Calabria (dopo circa 10 anni che ero stata via), alla mia maternità, alla acquisizione di nuove consapevolezze che riguardano non solo la sfera personale ma soprattutto quella pubblica e la percezione di un territorio – quello calabrese – del quale fino a vent’anni avevo sicuramente sottovalutato  sia i grigi e gli scuri che la abitano ma anche tutte quelle potenzialità materiali e quelle soggettività che ho avuto il privilegio di conoscere, di recente. Da questo punto di vista la mia esperienza è molto simile a quella che ci racconta Denise Celentano nella sua narrazione contenuta in contro versa, con differenze sostanziali riferibili anche alla nostra diversa età, ma con un importante punto in comune: cioè la nostra emigrazione al contrario e le nostre esperienze di vita – in Calabria – ci hanno portato a nuove consapevolezze che riguardano sia noi stesse che il nostro approccio alla politica e al Sud. Scrive Denise:

<<Tornata in Calabria, acquisivo una coscienza di genere– ora il rimosso diventava materia esplosiva di presente e futuro. In questo imprevisto processo di riscoperta di due identità (femminile e calabrese), di due storie latenti e incrociate che già ero, che avevo avuto per anni sotto gli occhi e che non avevo mai veramente visto, stavo trasformando delle emozioni e delle esigenze tutte interiori e personali, in discorsi che chiamavano in causa una collettività. Di più, sperimentando questa inesauribile transizione – mai univoca – ridefinivo al contempo la mia identità[…] Mi riappropriavo, cioè, di una storia che mi riguardava nel profondo, e in tutto questo mi scoprivo testimone e indagatrice di una rimozione più grande di me.>>

Tornata in Calabria la mia città non mi appariva più come un’isola felice tra le altre città calabresi, così come la consideravo a 18 anni; la Calabria non era più un posto enorme e desolato dal quale scappare, ma ne riconoscevo sia nuovi giganteschi limiti che enormi possibilità. Riconoscevo la potenza del sistema ‘ndrangheta, la corruzione diffusa in ogni dove, la tendenza all’isolamento politico di chi agisce buone pratiche di cittadinanza, riconoscevo quella parte di Calabria che ha stravolto il concetto di politica fino a risolverlo nel suo opposto e che permea tutti gli aspetti del quotidiano, e molto altro.

Viceversa, è stata proprio il riconoscerne certi limiti e il non volermi sentire isolata a farmi cercare e trovare- devo dire con una certa naturalezza- relazioni politiche con donne come mai mi era capitato prima. la Calabria mi è sembrata improvvisamente piccola, perché mi pareva di ri-conoscerla e di ridefinirne i confini; da Reggio a Cosenza ho iniziato ad avere relazioni politiche e conoscere donne (che fanno parte di associazioni, ma anche che fanno politica nei partiti o per i fatti propri e si dicono femministe) con le quali mi è parso di avere molto in comune: mi riferisco, tra le altre cose, ad una pratica politica non autoreferenziale .

Un buon numero  di anni fa, R.Siebert riconosceva nelle donne del Sud  un’attitudine positiva al cambiamento sociale, perché più sensibili – rispetto agli uomini –  alle implicazioni della scarsa qualità della vita; perché facciamo i conti con le contraddizioni del sistema vigente in modo diversamente radicale, perché una serie di circostanze ci spingono a sviluppare una sorta di coscienza critica che ci impone di rompere con le ovvietà delle relazioni sociali così come sono; perché “estranee” e non integrate fino in fondo alle relazioni clientelari. Per questi motivi secondo Siebert rappresentiamo “un potenziale soggetto collettivo”,un potenziale “altro”. Viceversa Luisa Passerini (nella prefazione di è femmina però è bella) sosteneva che, pur essendo possibile quanto scritto da Siebert, noi donne calabresi non riusciamo a compiere quel salto necessario per avere forza in ambito pubblico e sociale, proprio perché schiacciate dal contesto.

Secondo la mia esperienza personale, è vero che un problema esiste nel momento in cui, alcune (come può capitare a me) si sentono sopraffatte dalla propria quotidianità e dalla sfera pubblica corrosa (più di quanto possano suggerire i luoghi comuni) ed è anche vero che attualmente non esiste la possibilità di un confronto e mediazione con le Istituzioni, e che le nostre alleanze sono frammentate,  ma quella coscienza critica cui faceva riferimento Siebert esiste, ci fa affermare che serve maggiore dimensione pubblica, “altra”, ma soprattutto ci fa procedere per tentativi sia pratici che teorici e credo che  in questo senso il contesto (Sud) incida molto. Il contesto-sud ci spinge più che mai e ci fa sentire la nella necessità di reinventare pratiche e parole.

Ha stupito molto – ad esempio –il fatto che con DCR anziché occuparci esclusivamente di violenza di genere e aborto, alcuni mesi fa abbiamo deciso di mettere insieme le nostre energie per una azione politica che coinvolgesse donne e uomini contro lo sfascio politico, economico e culturale della nostra regione. #Appello: la Calabria che non ci sta#; esiste il centro Women’s Studies Milly Villa dell’Unical che è molto attivo, radicato nel territorio e ho l’impressione che forse l’importanza del suo ruolo non venga tenuta nella giusta considerazione fuori dai confini regionali; come pure vengono avviate in Calabria  esperienze come la collana Genealogie di sabbiarossaED :

La collana Genealogie e contro versa

Con la collana  intendiamo raccogliere scritture femminili, voci di donne, come una sorta di cartografie della differenza. Il primo titolo contro versa  contiene narrazioni politiche tessute sul filo di genealogie, scritte da donne nate negli anni ‘70, con la sola eccezione di una giovanissima. La scommessa evidente di un’operazione simile sta tutta nella volontà di interloquire con la propria genealogia o anche di raccontarne una di riferimento, finendo col narrare quel formarsi, giammai lineare, di soggettività e finendo con l’affermare se stesse in quello che è un esperimento politico e di condivisione. I punti di avvistamento si susseguono in tre parti attraverso un filo conduttore che partendo dalle quotidianità di vita, in un Pensarsi donne tra privato e pubblico, trovano un fulcro nelle relazioni politiche possibili e in divenire, in Un nuovo corso di relazioni politiche, per approdare a personagge e artiste nelle quali si finisce per rispecchiarsi, in L’ incontro tra scrittura, arte e femminismo. La prima parte è tutta scritta da donne calabresi (avremmo potuto tranquillamente intitolarla “pensarsi donne in Calabria”). Se siamo finite assieme (perché nulla è stato deciso a tavolino) non è un caso , e corrisponde a qualcosa di molto politico del quale noi, che abbiamo scritto, per prime dobbiamo tenere conto.

Quando, per me, si è trattato di scegliere di cosa avrei voluto scrivere pensando alle genealogie,  ho subito pensato a Lea Garofalo e alla figlia figlia Denise. Lungi dal considerare le donne come sante o eroina ma cercando di metterne a fuoco l’umanità- e quindi lo smisurato desiderio di libertà e lo sconfinato senso di solitudine- mi sono convinta che la forza di volontà, l’amore e il coraggio di Lea abbiano lasciato il segno e aperto la strada, non solo al corso della giustizia, ma soprattutto al significato che assume un così forte gesto di rottura nei confronti della cultura patriarcale mafiosa, dei suoi codici, delle sue regole e dei suoi dettami e che apre il varco ad altre consapevolezze e scelte di libertà. Per raccontare Lea sono stata a Pagliarelle dalla sorella, incontro per il quale Marisa ha dato generosamente la sua disponibilità. Marisa oggi fa il possibile per tenere alta l’attenzione sulla vicenda della sorella, che è una una storia che non va dimenticata e che la spinge ad andare ovunque possa parlarne e anche ad occuparsi di violenza di genere con un’associazione del suo territorio.Quella di Lea è una storia che dovrebbe farci sentire il peso di una responsabilità collettiva, che atterrisce. Una responsabilità che è in parte anche delle istituzioni. Nonostante ciò, Lea ha praticato e Denise/Marisa praticano questa loro libertà femminile come meglio possono, con straordinario coraggio e determinazione. (Siamo anche questo). *****

SCARICA QUI PDF – doriana convegno sil aprile 2013

[per il mio intervento  il 6 aprile all’interno di una tavola rotonda dal titolo “prove tecniche di resistenza”, il 6 aprile,  mi era stato chiesto un argomento specifico]

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in foto( di Alessandro Russo) : Paola Bottero al convegno

3 commenti

  1. […] “ quella coscienza critica esiste, ci fa affermare che serve maggiore dimensione pubblica, “altra”, ma soprattutto ci fa procedere per tentativi sia pratici che teorici e credo che in questo senso il contesto (Sud) incida molto. Il contesto-sud ci spinge più che mai e ci fa sentire la nella necessità di reinventare pratiche e parole. “ ho sottolineato (cit .) […]

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