ciò che viene destinato alla scuola, da troppo tempo, è come un rammendo venuto male

Grazie a Franca Fortunato che in queste difficili settimane ha ospitato, nella sua rubrica #iorestoacasa sul Quotidiano del Sud, molte persone dando voce a diverse questioni.
Nel numero di oggi ci sono anche io, che ho scelto di dire due parole sulla scuola convinta che, nonostante l’ampiezza delle problematiche che la riguardano e che coinvolgono una moltitudine di altre Istituzioni, qualcosa anche a livello locale si potrebbe e si dovrebbe fare e iniziare a immaginare, predisponendo per il futuro non solo prossimo…

“Durante i primi giorni di clausura forzata, per alleggerire lo stato d’animo di un figlio adolescente, mio marito ed io abbiamo pensato bene di staccare una porta dalla sua collocazione naturale per farla diventare un tavolo da ping pong, improvvisando la rete con i mattoncini lego. Adesso che ci avviamo alla fine di questo isolamento distopico, mi chiedo quante madri e padri siano dovuti ricorrere a stratagemmi radicali, attingendo alle proprie personali risorse di calma interiore e amore profondo, per consolare figli che si sono visti catapultati improvvisamente nel mondo del sottosopra. Dalla gioia frenetica della scuola chiusa, ad esempio, alla disperazione compassata per la scuola chiusa. Abbiamo detto spesso che l’isolamento non è uguale per tutti e che non avrà per tutti le stesse conseguenze, ma ho l’impressione che tra le cose rimosse, dal discorso pubblico, ci sia il diritto leso allo studio di una buona parte della popolazione scolastica. Oltre l’entusiasmo iniziale per la didattica a distanza, infatti, ci sono i dati sul divario digitale e le effettive possibilità di quelle, non poche, famiglie i cui figli sono stati discriminati per l’amplificazione delle disuguaglianze causata dalla chiusura delle scuole. Ciò, però, viene considerato come inevitabile e il meglio destinato alla scuola ha ormai da molti anni l’aspetto di un cattivo rammendo. Perché mai, mi chiedo. Forse perché la scuola riguarda minori, inascoltati? Perché nella scuola lavorano soprattutto donne o l’assunto è che, con le scuole chiuse, a casa con la prole debbano stare le madri anche a costo del lavoro? Oppure perché lucrare con la scuola è più complicato? Chi amministra è cieco, non riesce a puntare lo sguardo oltre il dito e ad avere a cuore la collettività? I have a dream. Il mio sogno non consiste in un ritorno a ciò che era ma nel risveglio in un mondo sottosopra, in cui la scuola torna ad essere centrale e chi amministra compie scelte lungimiranti e scevre dal populismo.” DR

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Donne amiche di Catanzaro e Lamezia scrivono:

Salvatori (DSGA) scrive alla ministra Azzolina: “Si riaprano le scuole a settembre. I nostri figli hanno bisogno di respirare l’odore delle aule, dei laboratori, dei corridoi”

CARTOLINE di Daniela Grandinetti: «La scuola ai tempi della Dad»

Inoltre

La lettera che  i primi di aprile  ho scritto all’assessora Sandra Savaglio

 

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