note stridenti

Oggi su il manifesto, in un lucidissimo articolo, Alessandra Pigliaru  ricorda finalmente che “[…]Nonostante pratiche politiche differenti e relative collocazioni all’interno del femminismo, un po’ a tutte le latitudini in molte si sono espresse a sfavore della maternità surrogata[…]”. Pigliaru cita Silvia Federici che, intervistata da Anna Curcio sempre su il manifesto dice «una cosa è il diritto delle coppie omosessuali ad avere dei figli che è una battaglia sui diritti soggettivi, altro è la surrogacy, un processo perverso che degrada la donna. Una forma peculiare di schiavitù. La mercificazione completa della vita e del corpo della donna, la sua sottrazione ed esproprio». Ma anche Lea Melandri che in una intervista per la rivista noidonne parla di «sfruttamento della capacità procreativa del corpo femminile, con l’aggravante di classe».

Vorrei inoltre ricordare Daniela Danna, che ne scrive da tempi immemorabili (e direi non sospetti per l’Italia) e per la Libreria delle donne di Milano dice: <<È una questione di autodeterminazione femminile? No, è l’introduzione di contratti che rendono la gravidanza un lavoro, e un rapporto di impiego non è una questione di autodeterminazione, ma è regolato da leggi, che al momento nella maggior parte dei paesi non riconoscono i bambini come prodotti da comprare e vendere.>>

Simonetta Spinelli  scrive: <<Perché un figlio può essere un desiderio, del tutto comprensibile, una speranza, una responsabilità, non può essere un oggetto di consumo o di scambio.Non può essere un oggetto. Al di fuori di situazioni di disperazione, impotenza, miseria o coercizione, non è pensabile tenere dentro di sé per mesi un essere vivente che cresce, si nutre di te, si modifica e ti modifica, fisicamente e psicologicamente, e poi far finta di niente e farne un oggetto da dare via, sia pure l’oggetto di un dono. >>

Ma ne scriveva Luce Irigaray, come  nelle ultime splendide pagine di Io tu noi <<[…]E allora perché tanta emozione attorno a una maternità possibile o impossibile? Perché le donne non hanno altro orizzonte che quello materno. […]Le madri fecondate artificialmente, le donne che affittano l’utero, gli uomini gestanti (nell’intestino?), che altro?!Ci permetterà di uscire dall’obbligo di procreare, nostro unico “destino” sessuale secondo i patriarchi, per conoscerci, amarci e crearci secondo le differenze dei nostri corpi?[…]>> e ancora Maria Giovanna Piano, Pina Nuzzo, Paola Tavellaqualcuna ricordava Angela Davis (1994) insomma giusto per citarne un poco.

DSC01412All’interno del dibattito italiano sulla maternità surrogata, ci sono alcune cose che mi sono risuonate come note stridenti: la strumentalizzazione – da parte di entrambe le parti avverse– della gpa  rispetto al ddl Cirinnà, la strumentalizzazione operata sulla libertà delle donne (ma qui ci si ferma proprio al basso populismo, quando non si tratta di vere e proprie incomprensioni dovute alla mancanza di confronto in presenza), l’apologia del dono (ci ho già speso troppe parole) e quella che mi è parsa una insana ossessione di alcune/i intorno alla figura di Luisa Muraro. Cosa, questa ultima, che mi è saltata all’occhio forse proprio perché non faccio parte di alcun circolo virtuoso, non conosco nessuna della Libreria, non sono legata da rapporti parentali o familistici a nessuna di loro, non ho carriere accademiche cui aspirare, visibilità da rincorrere, ridicole adorazioni reverenziali (tranne forse  per Audre Lorde ed Eddie Vedder). A dire il vero, ho sentito parlare Muraro una sola volta anni fa alla Casa internazionale delle donne a Roma e non mi era parsa quella che comunemente definirei “una persona cordiale” ma grazie a certi strani scherzi del destino adesso mi ispira una certa simpatia. Così come ho fatto per numerose pensatrici, ho letto molti dei suoi testi (quello che avrei voluto leggere maggiormente no, perché nonostante le mie costanti ricerche pare sia introvabile da anni) e tra questi ho sempre trovato spunti interessanti su cui mi sono arrovellata allegramente, questo è quanto.

Insomma, quello che mi crea straniamento è notare che in mezzo ad un certo numero di pensatrici di lusso, l’attenzione sia concentrata completamente su Muraro, come se fosse la sola ad esprimersi contro l’utero in affitto ed in maniera tale che venga attribuita a lei sola questa autorità e la responsabilità nel caso in cui si debbano affibbiare colpe inestinguibili, come in una caccia alla strega. Ma lei ha scritto un libro, mi dirà qualcuna. Certo, ma alcune critiche alla persona sono partite da ben prima, dopo il libro si sono solamente inasprite facendo cadere nel dimenticatoio definitivamente altre pensatrici ( dimenticando anche che in un altro libro – quello che ho amato moltissimo – espone se stessa in maniera autentica come quasi nessuna ormai fa, ed è la cosa che più mi fa apprezzare in generale le pensatrici, perché mi dà la misura di quanto si parta da sé per approdare ad una visione del mondo) . Muraro non ha certo bisogno di difensore e io infatti me ne guardo bene, ciò che mi spinge a riflettere e a pormi alcune domande attiene semplicemente a quello che definirei come il non dicibile, cioè ciò di cui non conviene parlare, cosa della cui esistenza ho preso atto anni fa a partire dall’ultimo congresso di una associazione femminista, quando mi fu detto in soldoni che è meglio lavare i panni in famiglia e che di certe cose non si parla pubblicamente per evitare di danneggiare la causa (la causa di chi poi non ho mai capito). Ma io sono una caputosta terrona e continuo a pensare che non nominare conflitti irrisolti e creare rimossi sia un’operazione tutt’altro che conveniente, sempre e ovunque. Quindi, di fronte a che genere di conflitto ci troviamo di fronte, stavolta?

La critica alle idee è, a mio parere, non sono legittima quanto fondamentale. Quando la vedo gioisco. Trovo sia finanche salutare il conflitto, sempre che ci si riesca ad esprimere in maniera corretta e a fornire argomentazioni sensate non mosse da risentimenti primitivi. Ma a colpire le idee, a criticare con onestà e civiltà, purtroppo non sono capaci tutte/i. Non tutte/i ne hanno la forza intellettuale ma soprattutto quella morale. Un’amica mi dava il suo punto di vista a proposito di una certa vicenda, che si svolgeva nell’ambito di quanto alcune definirono come un assassinio simbolico della madre, ma c’era anche altro: in mezzo alle intellettuali  ci sono le maestre di pensiero – capaci di produrre idee scomode e forti- e poi le altre, che si affannano a partorire un’idea nuova ma proprio non ci riescono. E allora che fanno queste ultime? Nella migliore delle ipotesi fanno le replicanti oppure s’arrovellano senza far danni per conto proprio, nella peggiore sono divorate da risentimento, a volte ossessivo, covano desiderio di vendetta  e di rivalsa nei confronti di chi è dotato di capacità e autorità di cui esse non disporranno mai. Che si tratti di questo? Io ovviamente non lo posso sapere, ma mi faccio domande.

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https://suddegenere.wordpress.com/2016/03/02/il-patriarcato-e-morto-viva-il-patriarcato/

https://suddegenere.wordpress.com/2016/03/25/il-racconto-dellancella/

3 commenti

  1. A proposito della “insana ossessione” per Muraro, mi ha colpito in questi giorni un’intervista, pubblicata da Tempi, (http://www.tempi.it/sacra-differenza-intervista-a-luisa-muraro#.Vxn__Xr2Lrc) che la presenta così: “matriarca e regina italiana del pensiero al femminile”.
    Matriarca? Regina? E cos’è il “pensiero al femminile”? Non femminista, ma “al femminile”, quindi la pensiera? Da quando ho letto questa cosa non riesco a togliermi dalla testa Muraro che, armata di fenicottero rosa, grida “tagliategli la testa!” a destra e a manca…

    • infatti un articolo scritto in maniera fastidiosissima che ovviamente ha dato il destro a commenti assurdi come se muraro quelle cose se le fosse attribuite da sé…

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