“Scomparse”.

Nel 2003 Renate Siebert in “

Donne di mafia. Affermazione di un pseudo-soggetto femminile. Il caso della ‘ndrangheta.” – in Donne e mafia. Il ruolo delle donne nelle organizzazioni criminali (Giovanni Fiandaca, a cura di)- scriveva che, come risulta dalla testimonianza dei magistrati, la strategia della ‘ndrangheta nei confronti dei pentiti, fino a quel momento, non era tendente a dare morte quanto denaro .

Il sostituto procuratore Boemi parla di una strategia sottile in Calabria perchè non si uccidono i parenti dei pentiti e neppure i pentiti. La ‘ndrangheta ha la capacità di contattare i pentiti per persuaderli a ritrattare, ed il tramite viene individuato da Boemi prima di tutto nelle mogli dei pentiti.

Proprio di ieri, invece, la notizia che Lea Garofalo, “scomparsa” nel febbraio 2010, è stata uccisa dall’ex convivente perché aveva deciso di rompere il muro dell’ omertà. Assassinata e sciolta in 50 chilogrammi di acido in un terreno a San Fruttuoso, vicino a Monza. Un’esecuzione legata alla dichiarazioni fatte ai magistrati sull’omicidio di Antonio Combierati elemento di spicco della criminalità calabrese. La distruzione del cadavere, per inquirenti e investigatori, ha avuto lo scopo di simulare la “scomparsa volontaria” della donna e assicurare l’impunità degli autori materiali dell’esecuzione.(fonte)

Cosa è successo dunque: Lea Garofalo non poteva essere “comprata”; una modifica nelle dinamiche di ‘ndrangheta ; oppure bisogna ricercare il motivo della scelta di uccidere nella specificità del genere?

Sono forse “L’ONORE DEL MASCHIO” e le regole ad esso legate a prevalere, sempre e necessariamente, su quelli che comunemente vengono considerati gli affetti piu’ cari?

Pare proprio di si.

Il 27 ottobre 2010 sarà passato un anno dalla “scomparsa” di Barbara Corvi, moglie di Roberto Lo Giudice. A vedere Barbara viva per ultimo è stato proprio il marito che ha sempre sostenuto di averla accompagnata nella loro casa e di non averla più trovata al suo ritorno e che ha portato avanti l’ipotesi di un “allontanamento volontario”:

…Non era più lei”, dichiara. Comincia a chiederle cosa stia succedendo e, a quanto riferisce l’uomo, a un certo punto Barbara gli dice di non credere più nel loro matrimonio.Roberto comincia a sospettare che nella vita della moglie possa esserci un altro uomo. La conferma arriva da qualcuno che gli porta le prove (c’è chi sostiene che sia l’ex-fidanzata dell’amante) che Barbara ha una relazione extraconiugale.

”.. perché Barbara è “scomparsa“? Tra le ipotesi, avanzate dalla sorella, c’è anche quella che sia fuggita con qualcun altro, forse incontrato su Internet. Insomma se si è allontanata volontariamente, non ha portato con sè nulla di nulla.”(fonte)

Ricorre, e mi vengono i brividi, l’illazione della “scomparsa” volontaria, di un altro uomo, di internet. Dov’è Barbara?A che punto sono le indagini?

Legata da parentela a Barbara Corvi era Angela Costantino. Erano cognate, Angela sposata a Pietro Lo Giudice e Barbara a Roberto Lo Giudice.

Angela è “scomparsa” nel 1994. Era giovanissima ed era incinta, ma il figlio che portava in grembo non poteva essere del marito che nel frattempo si trovava in carcere a scontare una pena. Per cui “la famiglia”, per difendere l’onore del boss-marito, la fece strangolare e seppellire in un terreno mentre la sua auto finiva in mare, quantomeno per simulare il suicidio. L’esecutore materiale pare sia stato un cognato.

La donna della famiglia mafiosa, ricorda sempre R.Siebert, non puo’ frequentare tutta una serie di persona della società civile. Quando i Pesce di Rosarno scoprirono che la figlia frequentava un carabiniere, la ragazza venne uccisa dalla propria famiglia e fatta “scomparire”.

Le collaboratrici di giustizia fino al 2003 risultano essere poche, ma la “collaborazione femminile” il piu’ delle volte viene agevolata dalla violenza che l’uomo usa sul corpo femminile.

In Donne di mafia, si legge di Rita Di Giovane e del suo calvario:”Ho visto mio padre picchiare mia madre (…)ha sempre massacrato mia madre, addirittura incinta di nove mesi le ha dato una botta con la scope e le ha rotto due costole (…). Io sono stata vittima di violenza dall’età di sette anni fino all’età di diciannove anni (…) sono stata violentata di brutto un giorno si e uno no, fino a quando non mi sono ritrovata incinta (…)ho avuto il figlio (…). Lui l’ha scoperto da quando ho iniziato a ocllaborare, gliel’hanno detto per vendetta.Poi ricade su mia madre, perchè ti ho chiesto aiuto in ginocchio, piangevo come una disperata e tu mi hai fatto picchiare da tuo figlio dicendo che la puttana ero io, avevo solo sette anni.” Davanti al tribunale di Milano, nel maggio 1996, dice:

“Per me è stato come una salvezza, quell’arresto”.

(Scritto oggi per le Donne Calabresi in Rete )

9 commenti

  1. Sento un gran dolore e molta molta rabbia per la ferocia che ha colpito queste donne, alle quali avrei voluto essere vicina per abbracciarle e manifestare tutta la mia solidarietà. Grazie alle Donne calabresi in Rete per quello che fate, per le notizie che ci date. Un abbraccio a tutte. Anna Maria Grana

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